05 December 2010

Due modelli: praticante e pellegrino

Modelli, esperienze fondatrici strumenti di crescita per la spiritualità giovanile
1 dicembre 2010


Gruppo di lingua italiana
Presenti:
Luigi Bertié, Pietro Tran Anh Tu
Alessio Massimi, Bogdan Ioan Baies, Rita Mazzieri

Osservazione previa. Poiché il capitolo affrontato lancia delle possibili linee per una spiritualità giovanile, si è notato che molti temi e argomenti sono già stati affrontati nei capitoli precedenti. Da qui la difficoltà a formulare delle domande diverse, originali e nuove.

Il capitolo parla di possibili sviluppi della spiritualità giovanile. Quindi di qualcosa che ha a che fare con il futuro. Interessante sarebbe vedere se esistono sperimentazioni ed esperienze per poter fare una verifica. O se non ci sono, avviarle per farne una valutazione.


Si sono osservate le molte competenze che deve avere un accompagnatore. Poiché sono veramente molte e di vario genere, ci si è chiesti se possa esistere un accompagnatore simile, un super-accompagnatore. Non è preferibile parlare di equipe, dove ognuno è formato e può contribuire con le proprie competenze? Non è preferibile una formazione d’insieme tra famiglie, educatori, insegnanti, animatori?

Inoltre, sempre per quel che riguarda il ruolo di accompagnatore si è visto come molte volte ci si sente inadeguati, sprovvisti, incapaci di fornire qualcosa. Tutto ciò non deve scoraggiare, non deve far venir meno il compito, in quanto un valido aiuto è la “lentezza”. Cioè quella capacità di attendere, di fare un percorso graduale, di fare proposte secondo il principio della “discrepanza ottimale”.

Molti autori sottolineano come nell’educazione si deve ascoltare, considerare, essere attenti, ospitali, accoglienti… due i possibili rischi in cui non cadere: essere protettivi e essere autoritari.

Il modello del pellegrino. Si è partiti dalla domanda di Alessio:

  • Carissimi ragazzi siamo ormai arrivati al termine di quest’anno formativo. Abbiamo affrontato diversi temi, ma uno solo era il nostro obiettivo, quello di crescere e condividere la nostra fede. Un autore spirituale scrive: quando hai deciso di partire alla ricerca di Dio, bisogna fare i bagagli, sellare il proprio asino e mettersi in cammino. La montagna di Dio è appena visibile in lontananza e per arrivarci bisogna camminare a lungo anche tutta la vita. Ciò che hai appreso in questi incontri adesso devi tradurlo concretamente nella vita di ogni giorno: sei consapevole che durante il cammino potresti trovare delle difficoltà? Sei pronto ad aprire il tuo cuore alla persona che ritieni sia in grado di accompagnarti in questo viaggio?

La domanda sottolinea la consapevolezza delle possibili difficoltà e l’importanza dell’accompagnatore. Un accompagnatore che aiuti, consigli, sia presente nelle difficoltà. Come dovrà essere questo accompagnatore? Un testimone! In quanto si è notato come i ragazzi si muovono, agiscono, si impegnano se hanno davanti a loro degli esempi, in carne ed ossa, dei modelli di riferimento. Sono anche capaci di ascoltare ciò che hai da dire loro, ma poi verificano il tuo vissuto, la tua coerenza tra le parole e le azioni. Altro elemento è quello di aiutarli verso modelli positivi, per una sana identificazione. Un aspetto su cui bisogna lavorare è la testimonianza dei giovani per i giovani. Cioè operare un passaggio, oggi particolarmente significativo nel primo annuncio: i giovani devono evangelizzare i giovani attraverso la testimonianza della loro fede. E qui si aprirebbe un lungo discorso sui contenuti, le modalità, i luoghi…


Entrambi i modelli, praticante e pellegrino, hanno la loro importanza. Sembra che i giovani siano particolarmente spostati sul modello del pellegrino. Quale potrebbe essere l’elemento, la realtà, il comune denominatore che mette in collegamento, che pone equilibrio tra i due modelli?

Per quel che riguarda il modello del viaggio si è visto come si tende a fare molte esperienze, e queste isolate tra di loro. Si preferisce essere viaggiatori-pellegrini (un po’ superficiali) e poco abitanti della casa. Abitare la casa significa fermarsi per riflettere e andare in profondità per poter prendere decisioni definitive. Forse anche qui è necessario proporre modelli e testimoni che con responsabilità hanno preso delle decisioni importanti nella loro vita. E riflettere su quale sia stato il cammino affrontato. Inoltre, è il caso di non proporre tante e tutte le esperienze, ma di proporne solo alcune ben centrate per l’individuo o il gruppo, precedute da una preparazione e seguite da una riflessione, che permetta di cogliere e fare propri i valori vissuti. Si ritorna all’importanza delle esperienze fondatrici.


Creare luoghi. I nostri luoghi possono trasformarsi in non-luoghi, cioè offrono dei servizi (musica, sport, divertimento…), ma poche relazioni significative, calorose, intense, profonde, rischiando di essere poco attenti all’aspetto umano-relazionale. Un piccolo gruppo che fa un cammino di fede dovrebbe offrire e creare dei legami forti, dovrebbe arrivare al cuore delle persone. Non è che si sta rischiando il “consumo dei legami”?



∞ Luigi Bertié
Foto dei giovani, a cura di Luigi; foto del gruppo di condivisione, a cura di Joe

Due siti sulla pastorale giovanile condivisi da Luigi sono: BombaCarta, un gruppo fondato dal padre gesuita Antonio Spadaro; e Giovani e Frati, un sito di pastorale giovanile e vocazionale dei cappuccini del Veneto.

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