INTERMEZZO
15 dicembre 2010
Uno dei fattori che rendono particolarmente complessa l’elaborazione di un ritratto unitario in riferimento all’attuale rapporto tra giovani, fede e religione all’interno del contesto italiano è sicuramente rappresentato dall’eterogeneità di credenze, atteggiamenti e pratiche che si possono in tal senso osservare nelle diverse zone del territorio nazionale. Non stupisce quindi che anche su questo piano la ricerca sulla condizione giovanile si stia sempre più spesso sviluppando attraverso appronfondimenti dedicati a territori specifici. Il nostro lavoro presentato a prende in particolare in considerazione la religiosità giovanile nelle diverse province, attraverso la sommonistrazione di tanti questionari a ragazzi e ragazze delle parrochie, ed universitari di età compresa tra i 15 ed i 35 anni.
Come mostra chiaramente la nostra discussione sulla ricerca, si tratta di un ambiente dotato da questo punto di vista di alcuni tratti peculiari piuttosto netti: il 96,0% degli intervistati infatti si dichiara credente, il 27,0% dei credenti cattolici dichiara di partecipare regolamente alla messa. Valori significativamente più elevati rispetto a quelli emersi nella più recenti lavori su scala nazionale per la stessa classe di età.
Ma il dato forse più significativo che emerge della discussione è la forte complessità che caratterizza il rapporto di questi giovani con la fede. Un rapporto che si caratterizza soprattutto per i suoi tratti di ambivalenza.
Tratti ambivalenza altrettanto forti emergono poi considerando il ruolo riconosciuto alla religione: da un lato si ritiene che il messaggio religioso giochi un ruolo particolarmente importante all’interno della chiesa e della società, ma dall’altro lato si valuta poi che la religione influenzi soltanto in minima parte la propria vita. Parallelarmente, se da un lato ci si dichiara “superstiziosi”, nonostante la connotazione “negativa” che tale aggettivo potrebbe richiamare, dall’altro lato però si dichiara anche di non credere nella magia e di non ricorrere alla lettura degli oroscopi, delle carte o della mano. Allora anche all’interno di questa popolazione, forse, l’adesione ad identità e pratiche religiose costituisce soprattutto un fattore di appartenenza culturale: il 42% partecipa alle feste religiose del proprio paese, il 53% indossa simboli religiosi, l’85% difende la presenza del crocefisso all’interno delle aule scolastiche. Aspetti particolarmente interessanti ai quali forse alla discussione nel gruppo avrebbe potuto dare maggiore spazio (e forse una maggiore attenzione metodologica, come nel caso di alcuni confronti sviluppati tra sottocampioni costituiti da una decina di unità soltanto, o come quando si rischia qualche semplificazione parlando – peraltro con toni un po’ troppo giornalistici – di “esoterismo”, “satanismo” e musica rock quali fenomeni quasi sovrapponibili).
L’ipotesi con la quale si chiude su questo intervento del nostro gruppo è quella di un rapporto tra i giovani e la fede che, riprendendo la lezione di Jacques Schepens e Joseph Boenzi, può essere sintetizzato nel concetto di “religione liberale”: un rapporto all’interno del quale al mantenimento di un contatto intimo con la fede corrisponde un indebolimento del ruolo della struttura ecclesiastica quale intermediario tra l’uomo ed Dio: un rapporto all’interno del quale la fede è al tempo stesso modello educativo e veicolo dei valori condivisi, ma anche sostegno personale, soprattutto nei momenti di difficoltà. Con una immagine del religioso che proprio attraverso le nuove generazioni si ritiene venga costantemente ridefinita, e rispetto alla quale però alcune categorie classiche sembrano ancora poter gettare luce.
Segretario: Pietro Tran Anh Tu
15 dicembre 2010
Gruppo di lingua italiana
Luigi Bertié, Pietro Tran Anh Tu
Alessio Massimi, Bogdan Ioan Baies, Rita Mazzieri
Emanuele Balestra
Uno dei fattori che rendono particolarmente complessa l’elaborazione di un ritratto unitario in riferimento all’attuale rapporto tra giovani, fede e religione all’interno del contesto italiano è sicuramente rappresentato dall’eterogeneità di credenze, atteggiamenti e pratiche che si possono in tal senso osservare nelle diverse zone del territorio nazionale. Non stupisce quindi che anche su questo piano la ricerca sulla condizione giovanile si stia sempre più spesso sviluppando attraverso appronfondimenti dedicati a territori specifici. Il nostro lavoro presentato a prende in particolare in considerazione la religiosità giovanile nelle diverse province, attraverso la sommonistrazione di tanti questionari a ragazzi e ragazze delle parrochie, ed universitari di età compresa tra i 15 ed i 35 anni.
Come mostra chiaramente la nostra discussione sulla ricerca, si tratta di un ambiente dotato da questo punto di vista di alcuni tratti peculiari piuttosto netti: il 96,0% degli intervistati infatti si dichiara credente, il 27,0% dei credenti cattolici dichiara di partecipare regolamente alla messa. Valori significativamente più elevati rispetto a quelli emersi nella più recenti lavori su scala nazionale per la stessa classe di età.
Ma il dato forse più significativo che emerge della discussione è la forte complessità che caratterizza il rapporto di questi giovani con la fede. Un rapporto che si caratterizza soprattutto per i suoi tratti di ambivalenza.
Tratti ambivalenza altrettanto forti emergono poi considerando il ruolo riconosciuto alla religione: da un lato si ritiene che il messaggio religioso giochi un ruolo particolarmente importante all’interno della chiesa e della società, ma dall’altro lato si valuta poi che la religione influenzi soltanto in minima parte la propria vita. Parallelarmente, se da un lato ci si dichiara “superstiziosi”, nonostante la connotazione “negativa” che tale aggettivo potrebbe richiamare, dall’altro lato però si dichiara anche di non credere nella magia e di non ricorrere alla lettura degli oroscopi, delle carte o della mano. Allora anche all’interno di questa popolazione, forse, l’adesione ad identità e pratiche religiose costituisce soprattutto un fattore di appartenenza culturale: il 42% partecipa alle feste religiose del proprio paese, il 53% indossa simboli religiosi, l’85% difende la presenza del crocefisso all’interno delle aule scolastiche. Aspetti particolarmente interessanti ai quali forse alla discussione nel gruppo avrebbe potuto dare maggiore spazio (e forse una maggiore attenzione metodologica, come nel caso di alcuni confronti sviluppati tra sottocampioni costituiti da una decina di unità soltanto, o come quando si rischia qualche semplificazione parlando – peraltro con toni un po’ troppo giornalistici – di “esoterismo”, “satanismo” e musica rock quali fenomeni quasi sovrapponibili).
L’ipotesi con la quale si chiude su questo intervento del nostro gruppo è quella di un rapporto tra i giovani e la fede che, riprendendo la lezione di Jacques Schepens e Joseph Boenzi, può essere sintetizzato nel concetto di “religione liberale”: un rapporto all’interno del quale al mantenimento di un contatto intimo con la fede corrisponde un indebolimento del ruolo della struttura ecclesiastica quale intermediario tra l’uomo ed Dio: un rapporto all’interno del quale la fede è al tempo stesso modello educativo e veicolo dei valori condivisi, ma anche sostegno personale, soprattutto nei momenti di difficoltà. Con una immagine del religioso che proprio attraverso le nuove generazioni si ritiene venga costantemente ridefinita, e rispetto alla quale però alcune categorie classiche sembrano ancora poter gettare luce.
Segretario: Pietro Tran Anh Tu
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