Modelli, esperienze formatrici e strumenti di crescita
Justyn Krzysztof Malek
Slawomir Stanislaw Bartodiziej
Sodalis Joanna Maria Kozub
Dariusz Marek Szyszka (excused)
Nella nostra riflessione sul tema dei Modelli, esperienze fondatrici e strumenti di crescita per la spiritualità giovanile, ci si siamo interrogati tra l'altro che siamo, prima di tutto noi, che dobbiamo darsi da fare. Dobbiamo guardare con “occhi nuovi”, i giovani d'oggi e sperare in loro. Per trasmettere davvero i valori cristiani ai giovani d'oggi dobbiamo per primi dare la nostra testimonianza così con i nostri comportamenti, più che con le parole, aiutarli nel riconoscere che cosa è davvero la vita spirituale cristiana. Dobbiamo aiutare i giovani, incoraggiarli, far scoprire loro che è importante fermarsi per riflettere e scendere in profondità e far scoprire così, che la vita cristiana è bella. Allora ci si siamo domandati: «abbiamo gli strumenti per farlo?»
Poi abbiamo riflettuto anche se, e in quale modo, la presenza di Gesù nella loro vita, la cambia? Se i giovani hanno i mezzi con i quali cercano di arrivare all'esperienza profonda di Dio nella loro vita? Quale concetto di Dio portano nei loro cuori?
Per poter confermare le nostre riflessioni personali abbiamo preso in considerazione anche le indagini, e le opinioni degli altri che si occupano dei problemi nel riguardo.
Siamo convinti come conferma anche il Prof. Pawlina, che il giovane d'oggi cerca il rapporto con Dio, con la spiritualità, ma molto spesso è indifferente nei confronti della Chiesa. Questo fenomeno, oggi, si presenta come una delle sfide per la pastorale ecclesiale. Ciò è confermato anche da alcune indagini, in cui va sottolineato ancor più chiaramente questo fenomeno. Bisogna aggiungere che molti tra quelli che si dichiarano come credenti, spesso non lo dimostrano con i loro comportamenti. Eppure, questi ultimi dovrebbero rispondere ai valori religiosi nei quali credono. Ancora di più si osserva disaccordo tra la fede dichiarata e le proprie opinioni. Questo si può osservare anche tra i giovani.
Il già menzionato Krzysztof Pawlina, fa una riflessione nella quale interroga se stesso su un fenomeno presente tra i giovani e chiede il perché. Ogni anno, nel mese d’agosto, migliaia di giovani vanno in pellegrinaggio a Częstochowa, dovendo camminare moltissimi chilometri a piedi e sostenendo tanti sacrifici. Gli stessi giovani, ovviamente non tutti, in altre occasioni, per esempio la Solennità del Corpus Domini, assistono alle processioni (che ancora si fanno in Polonia) seduti a un tavolo, sorseggiando una birra o mangiando il gelato, e con stupore guardano il numerosi gruppo di persone che pregano. Perché è proprio così? Pawlina continua la sua riflessione spiegando che i giovani d’oggi, apprezzano nella vita soprattutto la libertà, la giustizia, l’amore e l’onestà. Tutto questo si trova nel Vangelo. Perché allora loro non partecipano alle processioni? La risposta si pone da sola: non sono andati perché questa forma di manifestazione della Chiesa è per loro strana e difficile da accettare. Il rigetto, però, delle forme di devozione, non significa il rifiuto del Vangelo.
Quindi, «bisogna trovare altre forme d’espressione della Chiesa», afferma il suddetto professore. Le forme, nelle quali la Chiesa giovane si possa sentire come a propria casa. Il giovane deve conoscere prima il gusto dell’incontro con Dio. Questa esperienza, e una certa soddisfazione, sono la condizione per poter accogliere la fede. La relazione personale: «l’uomo – Dio», «io e Lui», sembra d’essere una chiave per raggiungere l’esperienza religiosa e, di conseguenza, l’accettazione della fede. L’esperienza della relazione personale con Dio può essere il ponte per una consapevole e attiva partecipazione alla vita della Chiesa. Come farlo?
Uno tra i mezzi per incoraggiare i nostri giovani di essere i cristiani, nel pieno senso di questa parola, almeno in Polonia, è la catechesi. Questo è il mezzo più diffuso che permette al mondo giovanile incontrare quello ecclesiastico.
Da una parte, ciò è giusto, e tante volte si fa un lavoro produttivo. Dall’altra parte, però, oggi fare catechesi diventa abbastanza difficile, soprattutto nelle città più grandi. Gestire la catechesi nelle scuole diviene complicato. Alcuni problemi di questo tipo sono descritti da Józef Stala nel volume: Il catechizzando d’oggi. Lo stato attuale e le sfide. Come afferma l’Autore, il catechista odierno si pone davanti ad un catechizzante, caratterizzato spesso da una «vita di crisi d’identità e di frustrazione» e che cede agli influssi e cambiamenti della realtà odierna, e – pari ai suoi coetanei – vive al confine tra la tradizione e la modernità, tra la storia e la prospettiva, e l’intellettualismo di coloro che, attraverso i mass media, hanno il potere su tutti gli utenti di internet. La vita gli appare spesso come un gioco, da non essere presa sul serio.
Però occorre tenere presente anche, come afferma il Prof. Krzysztof Pawlina, che oltre l’80% dei giovani frequenta la catechesi. Questo fatto è già una risorsa e spetta ai catechisti di sfruttarla con il loro agire saggiamente, vale a dire non basta insegnarli i misteri di fede, ma occorre essere consapevoli che essi hanno bisogno di veri amici spirituali, pronti a vivere e condividere i loro problemi.
In questo punto dobbiamo dire, però, che nella Chiesa polacca le catechesi vengono fatte soprattutto con i bambini e i giovani, ma ciò non è sufficiente. Occorre soprattutto, che le famiglie siano formate in modo costante, in quanto la famiglia è la prima e vera sorgente dell’educazione per le nuove generazioni e trasmette loro i veri valori.
Negli ultimi anni anche una rilevante attenzione va rivolta ai catechisti, dai quali si esige la capacità di dare testimonianza con la propria vita e una continua formazione. Questo viene, tra l'altro dal semplice fatto che: «Nella presente situazione, alla catechesi partecipano coloro che per la prima volta si “incontrano” con la Verità della rivelazione». La Chiesa odierna è consapevole di questa situazione e cambia i metodi della propria educazione dei giovani, in quanto è convinta che l’odierna catechesi deve essere aperta ai bisogni dei giovani che cercano la propria strada e il proprio posto nella vita. La Chiesa deve educare al dialogo, alla tolleranza, all’incontro con i non credenti. Oggi molto spesso frequentano la catechesi le persone che mai hanno sentito parlare di Gesù Cristo, oppure «ricercano» il senso della vita. Il catechista è quindi obbligato ad essere ben preparato alle lezioni e deve gestirle in modo tale che aiuti i giovani ad aprirsi a Dio. Essenziale è anche il fatto – lo conferma anche il magistero della Chiesa – che alla catechesi partecipino anche quelli che provengono dalle famiglie ove ci si dichiara di essere credenti, ma sostanzialmente non si pratica. Oggi, il servizio pastorale deve offrire ciò che i giovani non ricevono nelle proprie famiglie.
Ovviamente, la realtà descritta sopra è uno dei diversi modi di agire tra i nostri giovani, è sicuramente non unica, però concreta. Almeno, secondo noi, occorre fare qualcosa di concreto al posto di discutere troppo, perché sembra che noi parliamo abbondantemente e, purtroppo, rimaniamo fermi lì. La Chiesa, attraverso la pastorale giovanile, deve aiutare a costruire ai giovani una casa sulla roccia! I giovani hanno la volontà di agire e per questo bisogna aiutarli a diventare veri apostoli per i suoi coetanei, attraverso la propria attività apostolica e la testimonianza.
Joanna Kozub
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